Quando parliamo di Pet therapy a cosa ci riferiamo? Di cosa si tratta? Vediamo cos’è e come si applica.
Il termine pet therapy è stato ideato dallo psichiatra americano Boris Levinson, all’inizio degli anni ’60 e si può tradurre letteralmente con “terapia dell’animale da affezione”.
Si tratta di una pratica cha va ad affiancare e rafforzare altre forme di terapia tradizionali. La pet therapy utilizza il beneficio che gli individui traggono dal rapporto con gli animali. Si utilizzano queste sensazioni per rafforzare la salute e supportare il morale degli individui sottoposti a pesanti trattamenti farmacologici o lungodegenti in ospedale.
Si utilizza il rapporto con l’animale anche per migliorare il benessere degli anziani nelle case di riposo. Ultimamente, la pet therapy è impiegata anche con i bambini e gli adolescenti, sia nelle terapie psicologiche che, con i più piccoli, per favorire lo sviluppo e la creatività.
Pet therapy: perché si sceglie il cane
La pet therapy, può essere svolta solo con animali da compagnia: cani, gatti, asini, conigli e cavalli. La maggior parte delle Associazioni sceglie però il cane. Questo è dovuto alle caratteristiche comportamentali dell’animale.
Molti studi hanno comprovato che il cane, per sua natura, riesce a riconoscere un’autorità esterna a lui pur mantenendo integra la sua personalità. La predisposizione ad imparare da un soggetto che riconosce di grado gerarchico superiore (sia esso animale o umano), spiega perché il cane è addestrabile, tanto da diventare collaboratore fondamentale dell’uomo. Pensiamo ai cani poliziotto, le guide per ciechi e appunto gli esemplari impiegati nella pet therapy.
Inoltre l’uomo, selezionando le varie razze, ha cercato di coltivare le componenti di arrendevolezza, obbedienza e dipendenza dalla figura di riferimento, per farne un compagno di vita perfetto. In alcuni casi questo lavoro è riuscito meglio che in altri.
Pet therapy: quali razze preferire
Il lavoro di selezione sulle razze canine, associato alle caratteristiche genetiche e attitudinali di alcune tipologie di cani, ha prodotto risultati in alcuni casi eccellenti. Cani cioè maggiorante predisposti all’interazione con l’uomo e ad essere trainizzati per lavori specifici.
Si pensi alle razze di cani da caccia e riporto, in ci si è insegnato al cane ad inibire il senso di appartenenza rispetto alla preda, favorendo lo sviluppo delle doti collaborative con l’uomo e di socievolezza con il branco.
Per queste ragione si può identificare nei Retrievers o cani da riporto, la razza maggiormente idonea alla pet therapy. Questi cani, hanno infatti più probabilità di sviluppare quelle doti attitudinali fondamentali per un lavoro delicato come questo.
Le caratteristiche che ne fanno “il cane perfetto” sono: il desiderio di interagire con l’uomo e di essere partecipi alle attività quotidiane del proprietario, la capacità di imparare, l’istinto collaborativo, la naturale curiosità e giocosità. Oltre alla genetica, risulta fondamentale il percorso di crescita del cane e naturalmente, le risposte che il cane stesso darà durante il programma di preparazione.
Pet therapy: a chi si rivolge
Le attività con il cane hanno trovato numerosi ambiti applicativi, che ormai esulano da contesti strettamente terapeutici. I cani vengono impiegati anche in contesti: educativi, ludici, ricreativi, di utilità sociale, di promozione della salute. Per questo motivo si può distinguere la pet therapy in 3 diversi sottogruppi:
• AAA attività assistita con animali: ad esempio nelle carceri.
• TAA terapia assistita con animali: svolta soprattutto in ospedali e case di riposo.
• EAA educazione assistita con animali: asili, scuole.
In linea di massima tutti possono trarre beneficio dagli interventi con il cane: bambini, anziani, persone con disabilità, malati psichiatrici. L’animale non giudica, non rifiuta, si dona totalmente, stimola sorrisi, aiuta la socializzazione, aumenta l’autostima e non ha pregiudizi.
In sua compagnia diminuisce il battito cardiaco e calano le ansie e le paure. Inoltre, favorisce la piena espressione delle persone, che tra gli umani è solo verbale, mentre con l’animale, avviene anche a livello corporeo. Il cane, dal canto suo, non viene utilizzato come mero strumento, bensì si sfrutta la relazione che si crea tra l’animale e le persone a cui viene rivolto l’intervento.
Pet therapy: come addestrare un cane che cura
Se vogliamo che il nostro cucciolo diventi un operatore di pet therapy, il percorso parte da molto lontano:
• studio genetico: si ricercano alcuni tratti temperamentali e comportamentali
• scelta dei genitori: i genitori devono essere esenti da problemi di salute e difetti genetici
• gestione della gravidanza: una gestazione priva di stress produce effetti molto positivi sui cuccioli
• sviluppo e imprinting: una vita stimolante fin dai primi giorni e l’inibizione repentina di comportamenti mordaci o aggressivi può agevolare la crescita di un buon cane da pet therapy.
• scelta del cucciolo: utilizzando test caratteriali si può scegliere l’esemplare più idoneo.
• socializzazione: è uno dei momenti di sviluppo più delicato nella vita del cane e i problemi nella relazione con l’uomo usualmente insorgono qui.
• educazione e addestramento: il futuro conduttore deve rendere il cane equilibrato e capace di rispondere con un determinato comportamento a specifici comandi e situazioni
• esperienza graduali: il cane giovane inizia assistendo agli interventi, frequentando i luoghi ed associandoli a sensazioni positive.
• inserimento nei programmi: soltanto la valutazione della coppia conduttore-cane come un vero team, decreterà la possibilità di essere inseriti in un programma di pet therapy.
Pet therapy: test finale
Dopo aver seguito un adeguato percorso di preparazione, il nostro cane verrà valutato dal punto di vista delle capacità acquisite e attitudinali, in “coppia” con il proprio Conduttore.
Potrà essere utilizzato un test introdotto nel 1989 dall’American Kennel Club e definito: “Canine Good Citizen Test”, cioè “Prova del Cane Buon Cittadino”, che verrà adattato al contesto operativo in cui il cane andrà ad operare, aggiungendo cioè diversi oggetti ed attrezzature che potrebbero ritrovarsi nelle varie strutture e situazioni.
I dieci punti sono i seguenti:
1. Accettare un estraneo amichevolmente
2. Sedersi e lasciarsi accarezzare
3. Esame dell’aspetto esteriore e cure da parte di un estraneo
4. Passeggiata al guinzaglio
5. Camminare in mezzo ad un gruppo di persone
6. Comandi di base: seduto, terra e resta sul posto
7. Richiamo del cane
8. Reazione all’incontro di altri animali (in particolare di cani)
9. Reazione alle distrazioni
10. Separazione del cane dal conduttore
Se pensiamo al piacere di accoccolarci vicino al nostro amico peloso sul divano, non ci riesce difficile comprendere che i cani possano: curare, educare, alleviare le sofferenze, stimolare il benessere psicofisico dell’individuo.